Alberto Toni: altre tre poesie da "Non c'è corpo perfetto"

 





Una lontananza, qualcosa insomma che si perda
e poi ritorni agli occhi e al cuore. Guglia, tegola,
all'apice del tornaconto che sappiamo o ignoriamo.

Quello che tengo a volte appare qui sul tavolo
in forma di piega grigia, un filo, una pietra
e un peso che nel pensiero mi sorprende e trema.

Diglielo tu quel giorno del febbraio 1961, gli occhi
a un passo dal cielo e il film in bianco e nero,
l'eclissi che lancia il suo totale sconcerto ai vivi.

Tra luce e buio, che è il nostro mistero infine,
ogni giorno per noi, santo, eterno, essenziale.



***



Ma ciò che più m'insidia e tormenta,
lo vedi, eravamo liberi e felici nei campi
della giovinezza rapita. E scavi tra le zolle
il fortunale che trasporta l'acqua, la pietà
se al mio occhio giunge il tuo ramo ancora fresco.
Tutte le anime del mio giardino e le tue;
tutto un farsi e disfarsi d'azzurro e grigio
e poi ancora d'azzurro; e ancora l'ombra
che seguo, la mia, la tua, andare e tornare,
che già vuol dire la forza e del fatto
che avrò voglia, coraggio e armonia

di perdermi nel tuo cielo puro.



***



Ecco la foglia, il leccio, sempre lo stesso
ora che siamo provati, che guardiamo gli altri
nella città di sera, un po' meno, un po' meno
che apparire, siamo. Stupire, stupirsi: questo
dobbiamo fare nell'occhio nostro attraversato
da dirupi.

Alberto Toni: tre poesie da "Non c'è corpo perfetto"



Ho visto dunque l'anima salire,

così, semplicemente, l'acquaviva che a me restituiva

l'arco dei decenni, tramutava, tramuta in una sola volta

e l'infinito in fauci,

sembra niente, un parto e spazio, mi spinge per un po'

in tutte le direzioni.

Dopo, che a mano a mano consideriamo il tempo,

e concluso, qui ancora foglie dentro il mio giardino

e sono sparsi ovunque. Poi sento che cammina,

il tramestio solito alle otto del mattino, si prepara

per andare a lavorare. Esce di casa, tornerà per pranzo,

in cucina, poi ancora là seduta nella stanza. Breve nell'ansia sarà stato

un cenno di stanchezza, ma mai tardi, mai così manifesto da distruggere la vita.




***




Conforto della terra



Mi dà conforto la terra.

non l'abitare, un margine, senza confine

preciso, ma la salute del suolo amico,

tenerci il piede, l'abc dei giorni futuri.

Un dato, un segno raschiato a fondo,

parlarci, come parlo a volte con te,

consumarci i pasti febbrili, tutti

i possibili attraversamenti e tutte

le stagioni.




***




Mi trasfiguro in ossame su una tavola di legno.

Patisco per pietà dei secoli il mio pegno.

Lascia il dolore alle conifere una rima

dentro il tempo che si attorciglia e spazia,

come barca e rifugio: un che di grazia

rinata e d'alto fusto e al cielo e legno

che custodisce gli ori della terra.

prendo di te nel tempo ciò che serra

la vita e il tempo del mio stare,

segreto Il tempo e l'albero nel cavo

mantiene la virtù, l'alta che bella

nel suo marchio ora c'investe e resta.

Senza timore, ma con forza antica

spingiamo avanti i rami, ciò che resta,

luogo, sorgente, spazio tutto in festa.
 

Sophia de Mello Breyner Andresen: tre poesie da "Come un grido puro"

 





Casa Bianca


Casa bianca di fronte al mare enorme,
Col tuo giardino di sabbia e corolle marine
E il tuo silenzio intatto dove dorme
Il miracolo delle cose che erano mie.

......................

A te ritornerò dopo l'incerto
Calore di tanti gesti ricevuti
Passati i tumulti e il deserto
Baciati i fantasmi, attraversati
I mormorii della terra indefinita.

In te rinascerò in un mondo mio
E la redenzione verrà sulle tue linee
Dove nessuna cosa è svanita
Del miracolo delle cose che erano mie.



***



Le fonti


Un giorno spezzerò tutti i ponti
Che legano il mio essere, vivo e totale,
All'agitarsi del mondo dell'irreale,
E calma salirò fino alle fonti.

Andrò fino alle fonti dove dimora
La pienezza, il limpido splendore
Che mi fu promesso ad ogni ora,
E nel volto incompleto dell'amore.

Andrò a bere la luce e del sole il sorgere,
Andrò a bere la voce della promessa
Che a volte come un volo mi attraversa,
E là compirò tutto il mio essere.



***


Ti chiamo perché tutto è ancora al principio
E sopportare è il tempo più lungo.

Ti chiedo di venire e darmi la libertà,
Che uno solo dei Tuoi sguardi mi purifichi e finisca.

Molte sono le cose che non voglio vedere.

Ti chiedo di essere il presente.
Ti chiedo di inondare tutto.
E che il Tuo regno venga prima del tempo
E si sparga sopra la terra
In primavera feroce precipitato.

tre poesie da "Dare il nome alle cose"




Siamo mondo contro mondo

in questa stretta dolorosa

ci proviamo a volare più in alto.


Tu che hai i nomi diversi per la neve

e silenzi per tutte le ore

se la notte non dovesse bastare

conserveremo le palpebre chiuse.




***




Siamo l'orizzonte di un bene più grande

guardiamo verso l'alto

come fanno i quattro alberi.

Ci sovrasta un vortice di nuvole

I miei rami sono tutti ricurvi.




***




Mio silenzio è questo spazio

in cui riempire il vuoto

con il tuo vuoto.

Scolpire ogni lineamento

fermare questo gesto delicato

sentire il pieno della carne

la fragranza del pane

la mano che lo spezza

la bocca che lo mangia.
 

Cees Noteboom: tre poesie da "Luce ovunque"



Juarroz



Angoli che non possono chiudersi, dici,

e come li conosce l'amore

e sempre ritorna a essi

come il pensiero, e le parole,

i paragrafi del vento.


Ripenso a queste parole

e ti rivedo, piccolo, elegante,

con un vestito blu,

un signore argentino

che scriveva poesie verticali

esperto di una geometria

che egli stesso aveva ideato

ma per cui non esistevano strumenti

di misurazione.


Abitavi in un meraviglioso

continente dello spirito

dove le nostre leggi non valgono,

dove sono le domande a imporsi

con la forza degli assiomi.


Un vestito blu, una cravatta,

un aberrante ordine dello spazio:

accesso all'altro

mondo esistente,


la poesia.




***




Poeta



Nome, cognome, corpo,

a questo si aggrappa, spirito, anima, persona,

il mai calcolabile nucleo

dell'autore, dell'artefice

in una fuggevole vita,

fluente, multiforme,


farfalla e falco, affermazione

e confutazione, pensieri

pronunciati, ma meglio ancora scritti,

vita che scorre come un fiume,

Cervi e anatre lungo le rive,

mai da solo,


chiese, castelli in lontananza,

una prigione, un chiostro,

potentia maxima,

confessionale e tavolo da gioco,

in questo labirinto

di tutto il possibile, tra bollettini di borsa

e fossati, bar sotto casa, terra di nessuno,

si muove il poeta,

prova tra i muri del destino

l'esito dei dadi,


l'uno o il sei, miele o cenere,

recitativo o aria,

prova acqua o sasso,

vincita o perdita, cardi o gigli,

con l'orizzonte sempre più vicino

una vita

piena di inni

che ancora

non ha il sapore

della somma.




***




Dualità



Matrimonio del corpo e dell'anima, come

Sempre si compenetrano,

La tristezza assume il volto del dolore,

La malattia si maschera da angoscia, come la ferita

Modifica il pensiero, reciprocamente sopportano

Le loro forme, le loro morti si insinuano

L'una nell'altra, come questi inseparabili

Gemelli soffrono sempre insieme,

Finché il corpo si rompe come un vaso e

L'anima ne sgorga come acqua.


Così hai rotto il vaso che eri tu

Con la manu che scrisse il tuo libro, e

La tua anima è fluita via

Fin là dove posso leggerla.




 

Werner Lutz: tre poesie da "Museo del silenzio"

 





Sentieri di formiche

passaggi nel sonno

le barriere

non s'innalzano più

in realtà

io amo la noia

il pendio sempre uguale

coperto di secchi stelli

e salvia appassita


si può sempre

tornare indietro




***



Ovunque vada

non deve saperlo nessuno

un pescatore mi potrà passare

e mi spiegherà

perché il pesce non vuole abboccare

scelgo un sentiero attraverso l'aria

aria di verdi clororificee c'è aria d'acqua di canale

rendo i miei occhi sensibili

alle forme mosse dal vento

e libero i miei sensi dalle ombre




***




Difficile accettare

che nulla in me

assomigli alla pioggia estiva

a quella fresca

voce ristoratrice

che pazientemente

torna costantemente

a spiegarmi ciò che è semplice

Anna Ruchat: tre poesie da "La forza prigioniera"


Si riporta, per una questione di comodità, "l'allineamento a sinistra". Nell'originale, l'autrice utilizza una differente collocazione delle parole nello spazio.



Quando lui vide per la prima volta

il corpo nudo delle parole

era d'inverno

sul pelo del gatto luccicava la brina

e il mattino graffiava

i vetri della stanza


appese alla ringhiera del balcone

riconobbe

le ultime frasi urlate

la sera prima


formavano una ghirlanda

di ghiaccio

affacciata sulla via.




***




Trascinare il perdono

sul limite estremo

là dove l'ombra abbandona il macigno

il sentiero

i piedi che non hanno più direzione


trascinarlo oltre

il precipizio della parola

sempre più in alto

verso un presente

verso

il miracolo del possibile.




***




Noi nati sghembi

ci avventuriamo

come cattivi acrobati

sulla corda dell'esistenza


con mosse imprecise conquistiamo

spazi provvisori


e ingombri di promesse


alla fine

battiamo in ritirata

inalberando deferenza


ma il nostro cuore

si squarcia

nell'inchino.


 

Tomas Tranströmer: tre poesie da "Poesia dal silenzio"



Quadro meteorologico



Il mare d'ottobre brilla freddo

con la sua spina dorsale di miraggi.


Niente è rimasto a ricordare

il bianco vortice delle regate.


Una luce ambrata sul villaggio.

e tutti i suoni in lenta fuga.


Il geroglifico del verso di un cane

è dipinto nell'aria sopra il giardino


dove Il frutto giallo inganna

l'albero e si lascia cadere.




***




Solitudine



I.



Qui fui sul punto di morire una sera di febbraio.

La macchina scivolò sul ghiaccio e finí

nella corsia opposta. Le auto che sopraggiungevano,

i loro fari si avvicinarono.


Il mio nome, le ragazze, il lavoro

lontanissimi si sciolsero e rimase

soltanto il silenzio. Ero anonimo

come un ragazzo nel cortile della scuola circondato da nemici.


Il traffico mi veniva incontro con luci enormi.

Mi illuminarono mentre cercavo di sterzare

in un trasparente terrore che montava come albume.

I secondi si dilatarono - vi si trovava spazio -

divennero grandi come edifici di ospedale.


Quasi si poteva sostarvi

e respirare un attimo

prima di essere travolti.


Allora si presentò un appiglio: un caritatevole granello di sabbia

o una meravigliosa raffica di vento. La macchina si staccò

e attraversò obliqua la strada.

Un palo spuntò e si spezzò - un rumore secco -

e volò via per le tenebre.


Finché fu il silenzio. Rimasi seduto al volante.

Poi vidi qualcuno arrivare attraverso il nevischio

a vedere cosa mi era successo.




***



II.




Ho vagato a lungo

per i campi gelati dello Östgötaland.

Nessun uomo in vista.


In altre parti del mondo

si nasce, si vive e si muore

in un costante accalcarsi.


Essere sempre visibili -

vivere in uno sciame di occhi -

deve dare al viso un'espressione speciale,

volti coperti di argilla.


Il brusío aumenta e diminuisce

mentre si dividono tra loro

cielo, ombre e granelli di sabbia.


Io devo stare solo

dieci minuti la mattina

e dieci minuti la sera.

- Senza alcun programma.


Tutti fanno la fila da tutti.


Molti.


Uno.