Alberto Toni: altre tre poesie da "Non c'è corpo perfetto"
Alberto Toni: tre poesie da "Non c'è corpo perfetto"
così, semplicemente, l'acquaviva che a me restituiva
l'arco dei decenni, tramutava, tramuta in una sola volta
e l'infinito in fauci,
sembra niente, un parto e spazio, mi spinge per un po'
in tutte le direzioni.
Dopo, che a mano a mano consideriamo il tempo,
e concluso, qui ancora foglie dentro il mio giardino
e sono sparsi ovunque. Poi sento che cammina,
il tramestio solito alle otto del mattino, si prepara
per andare a lavorare. Esce di casa, tornerà per pranzo,
in cucina, poi ancora là seduta nella stanza. Breve nell'ansia sarà stato
un cenno di stanchezza, ma mai tardi, mai così manifesto da distruggere la vita.
***
Conforto della terra
Mi dà conforto la terra.
non l'abitare, un margine, senza confine
preciso, ma la salute del suolo amico,
tenerci il piede, l'abc dei giorni futuri.
Un dato, un segno raschiato a fondo,
parlarci, come parlo a volte con te,
consumarci i pasti febbrili, tutti
i possibili attraversamenti e tutte
le stagioni.
***
Mi trasfiguro in ossame su una tavola di legno.
Patisco per pietà dei secoli il mio pegno.
Lascia il dolore alle conifere una rima
dentro il tempo che si attorciglia e spazia,
come barca e rifugio: un che di grazia
rinata e d'alto fusto e al cielo e legno
che custodisce gli ori della terra.
prendo di te nel tempo ciò che serra
la vita e il tempo del mio stare,
segreto Il tempo e l'albero nel cavo
mantiene la virtù, l'alta che bella
nel suo marchio ora c'investe e resta.
Senza timore, ma con forza antica
spingiamo avanti i rami, ciò che resta,
luogo, sorgente, spazio tutto in festa.
Sophia de Mello Breyner Andresen: tre poesie da "Come un grido puro"
tre poesie da "Dare il nome alle cose"
in questa stretta dolorosa
ci proviamo a volare più in alto.
Tu che hai i nomi diversi per la neve
e silenzi per tutte le ore
se la notte non dovesse bastare
conserveremo le palpebre chiuse.
***
Siamo l'orizzonte di un bene più grande
guardiamo verso l'alto
come fanno i quattro alberi.
Ci sovrasta un vortice di nuvole
I miei rami sono tutti ricurvi.
***
Mio silenzio è questo spazio
in cui riempire il vuoto
con il tuo vuoto.
Scolpire ogni lineamento
fermare questo gesto delicato
sentire il pieno della carne
la fragranza del pane
la mano che lo spezza
la bocca che lo mangia.
Cees Noteboom: tre poesie da "Luce ovunque"
Juarroz
Angoli che non possono chiudersi, dici,
e come li conosce l'amore
e sempre ritorna a essi
come il pensiero, e le parole,
i paragrafi del vento.
Ripenso a queste parole
e ti rivedo, piccolo, elegante,
con un vestito blu,
un signore argentino
che scriveva poesie verticali
esperto di una geometria
che egli stesso aveva ideato
ma per cui non esistevano strumenti
di misurazione.
Abitavi in un meraviglioso
continente dello spirito
dove le nostre leggi non valgono,
dove sono le domande a imporsi
con la forza degli assiomi.
Un vestito blu, una cravatta,
un aberrante ordine dello spazio:
accesso all'altro
mondo esistente,
la poesia.
***
Poeta
Nome, cognome, corpo,
a questo si aggrappa, spirito, anima, persona,
il mai calcolabile nucleo
dell'autore, dell'artefice
in una fuggevole vita,
fluente, multiforme,
farfalla e falco, affermazione
e confutazione, pensieri
pronunciati, ma meglio ancora scritti,
vita che scorre come un fiume,
Cervi e anatre lungo le rive,
mai da solo,
chiese, castelli in lontananza,
una prigione, un chiostro,
potentia maxima,
confessionale e tavolo da gioco,
in questo labirinto
di tutto il possibile, tra bollettini di borsa
e fossati, bar sotto casa, terra di nessuno,
si muove il poeta,
prova tra i muri del destino
l'esito dei dadi,
l'uno o il sei, miele o cenere,
recitativo o aria,
prova acqua o sasso,
vincita o perdita, cardi o gigli,
con l'orizzonte sempre più vicino
una vita
piena di inni
che ancora
non ha il sapore
della somma.
***
Dualità
Matrimonio del corpo e dell'anima, come
Sempre si compenetrano,
La tristezza assume il volto del dolore,
La malattia si maschera da angoscia, come la ferita
Modifica il pensiero, reciprocamente sopportano
Le loro forme, le loro morti si insinuano
L'una nell'altra, come questi inseparabili
Gemelli soffrono sempre insieme,
Finché il corpo si rompe come un vaso e
L'anima ne sgorga come acqua.
Così hai rotto il vaso che eri tu
Con la manu che scrisse il tuo libro, e
La tua anima è fluita via
Fin là dove posso leggerla.
Werner Lutz: tre poesie da "Museo del silenzio"
passaggi nel sonno
le barriere
non s'innalzano più
in realtà
io amo la noia
il pendio sempre uguale
coperto di secchi stelli
e salvia appassita
si può sempre
tornare indietro
***
Ovunque vada
non deve saperlo nessuno
un pescatore mi potrà passare
e mi spiegherà
perché il pesce non vuole abboccare
scelgo un sentiero attraverso l'aria
aria di verdi clororificee c'è aria d'acqua di canale
rendo i miei occhi sensibili
alle forme mosse dal vento
e libero i miei sensi dalle ombre
***
Difficile accettare
che nulla in me
assomigli alla pioggia estiva
a quella fresca
voce ristoratrice
che pazientemente
torna costantemente
a spiegarmi ciò che è semplice
Anna Ruchat: tre poesie da "La forza prigioniera"
Si riporta, per una questione di comodità, "l'allineamento a sinistra". Nell'originale, l'autrice utilizza una differente collocazione delle parole nello spazio.
Quando lui vide per la prima volta
il corpo nudo delle parole
era d'inverno
sul pelo del gatto luccicava la brina
e il mattino graffiava
i vetri della stanza
appese alla ringhiera del balcone
riconobbe
le ultime frasi urlate
la sera prima
formavano una ghirlanda
di ghiaccio
affacciata sulla via.
***
Trascinare il perdono
sul limite estremo
là dove l'ombra abbandona il macigno
il sentiero
i piedi che non hanno più direzione
trascinarlo oltre
il precipizio della parola
sempre più in alto
verso un presente
verso
il miracolo del possibile.
***
Noi nati sghembi
ci avventuriamo
come cattivi acrobati
sulla corda dell'esistenza
con mosse imprecise conquistiamo
spazi provvisori
e ingombri di promesse
alla fine
battiamo in ritirata
inalberando deferenza
ma il nostro cuore
si squarcia
nell'inchino.
Tomas Tranströmer: tre poesie da "Poesia dal silenzio"
Quadro meteorologico
Il mare d'ottobre brilla freddo
con la sua spina dorsale di miraggi.
Niente è rimasto a ricordare
il bianco vortice delle regate.
Una luce ambrata sul villaggio.
e tutti i suoni in lenta fuga.
Il geroglifico del verso di un cane
è dipinto nell'aria sopra il giardino
dove Il frutto giallo inganna
l'albero e si lascia cadere.
***
Solitudine
I.
Qui fui sul punto di morire una sera di febbraio.
La macchina scivolò sul ghiaccio e finí
nella corsia opposta. Le auto che sopraggiungevano,
i loro fari si avvicinarono.
Il mio nome, le ragazze, il lavoro
lontanissimi si sciolsero e rimase
soltanto il silenzio. Ero anonimo
come un ragazzo nel cortile della scuola circondato da nemici.
Il traffico mi veniva incontro con luci enormi.
Mi illuminarono mentre cercavo di sterzare
in un trasparente terrore che montava come albume.
I secondi si dilatarono - vi si trovava spazio -
divennero grandi come edifici di ospedale.
Quasi si poteva sostarvi
e respirare un attimo
prima di essere travolti.
Allora si presentò un appiglio: un caritatevole granello di sabbia
o una meravigliosa raffica di vento. La macchina si staccò
e attraversò obliqua la strada.
Un palo spuntò e si spezzò - un rumore secco -
e volò via per le tenebre.
Finché fu il silenzio. Rimasi seduto al volante.
Poi vidi qualcuno arrivare attraverso il nevischio
a vedere cosa mi era successo.
***
II.
Ho vagato a lungo
per i campi gelati dello Östgötaland.
Nessun uomo in vista.
In altre parti del mondo
si nasce, si vive e si muore
in un costante accalcarsi.
Essere sempre visibili -
vivere in uno sciame di occhi -
deve dare al viso un'espressione speciale,
volti coperti di argilla.
Il brusío aumenta e diminuisce
mentre si dividono tra loro
cielo, ombre e granelli di sabbia.
Io devo stare solo
dieci minuti la mattina
e dieci minuti la sera.
- Senza alcun programma.
Tutti fanno la fila da tutti.
Molti.
Uno.