Antonella Anedda - Tre poesie da "Il catalogo della gioia"


Lettera


Dunque ora ricorda corpo
non il corpo che amasti
e che ora dorme in un diverso inverno
ma gli oggetti della stanza di allora.
Ricorda come li attraversavi indifferente
e come li vorresti ora pesanti contro il petto
a premere il rimpianto a farne cosa
da erigere sul dubbio che due corpi
siano stati davvero in una tregua:
legno, respiro, ballatoio
e quelle felci fulgide, appartate...


***


Futuro


Mia madre partorì a dicembre. La neve cadeva nel fiume.
Alla fine del mese l'acqua gelò sui pesci. Mi mostrarono a tutti
perché non ero morta:"... La toglieremo a pezzi, un braccio e
una gamba incastrati, forse incompiuti".

Di quel tempo resta solo un richiamo come un sibilo interno:
tornare in quel ventre con mia figlia, testa in giù, corpo
informe, due cordoni di carne intorno al collo.
Via da dicembre, dal fiume trasparente
indietro e indietro verso l'inconcepito
l'inizio aprile del nulla.


***


Questo sì mi piace: guardare gli uccelli nel mattino
essere lieta di quella sostanza verso l'aria
di quel bruno che batte sulle nubi.

Con sottigliezza di membrana l'orrore si distacca.
Vola verso le case: non è ricordo, non è più cura.
Ci lascia. Siamo vivi, con caldissime mani.