Yari Bernasconi: tre poesie da "Nuovi giorni di polvere"




Da una stazione in disuso mi chiedi: dove vanno

questi treni veloci, incuranti del mondo?

Una volta credevo di saperlo, aggiungi, e mi lasciavo

accompagnare. Qualcuno mi aspettava.

*

Faccio diverse scoperte importanti, qui. 

Degli insetti

che non possono esistere, ma che ho trovato.

*

Ho molto tempo per pensare, però ci tengo poco.

Sono felice se vieni a trovarmi e stai con me:

tu sei la risposta e non parli mai. Anch'io

pronuncio sempre la mia ultima parola

dopo che tutti se ne sono andati.



**


Galway


Se c'è qualcosa di vero in questa strada, tra le case,

attorno ai corpi dei turisti che spingono all'entrata

dei locali, cantando con voci grasse, è tutto

nell'asfalto. L'asfalto levigato e la sua inerzia.

L'asfalto sotto i ciottoli, negli interstizi, nelle crepe.

Quell'asfalto ignorato.


Se c'è qualcosa di vero è già sbiadito, già trascorso.



**


Connemara


Sembri rinascere tra i prati e queste strade

dissestate, tracciate da fessure che si iniettano

fin sotto terra. Le pecore sono pecore, i muri sono muri:

scendi dall'auto, guardi intorno e qualcosa di vecchio

ritorna, un'impressione, un'evidenza di sempre,

un istinto. Non te ne accorgi ma cammini, mi chiami

per due volte, vieni, che è bello, si sta bene. Nient'altro.



 

Marco Ferri: tre poesie da "Come è passato il tempo"



C'è un'attesa, come sempre,

e il tempo ne assume

i lineamenti, l'esempio è il grigio

che s'intenebra e si raffredda.

Riordino quello che resta.

Finisco di togliere la polvere

che è notte. La ragione senza passione

diventa irragionevole.


Perché si chiude se penso

il senso di ogni parola?

Trova facilmente il freddo.

L'ho messo davanti a me, molte volte,

per guardarlo prima che faccia buio,

senza fretta. Così respiro

questo freddo, lo mangio, che toglie

alla voce un po' di buio.


Non mi stanco di camminare

nelle notti d'inverno per dare

agli occhi le occasioni di vedere

dietro le luci aperte

fino ai nervi, quando finalmente

la parola torna su con il suo

fiato, mi dorme vicino, arma

o cane, con il desiderio sbagliato

di sorprendere una voce dentro

quel torpore che naviga in pace.



**


Che piacere guardare  

senza pensare

l'insignificante modellarsi delle nuvole

prima del tramonto

quando ogni cosa perde forma e senso


soprattutto prima del tramonto

con gli occhi chiusi per il piacere di essere ancora qui

nonostante tutti gli orrori

nella piccola orbita

umana, accanto al vuoto



**


Quella cosa che non esiste

ha mangiato un'altra giornata.

L'ha divorata. Neanche l'ha masticata.

Ingoiata, hop, proprio così, e ha ancora fame,

mentre uno ripensa ai colori, ai tremori

quando era appena nata, quella luce

che sorgeva tenue e smagliata

e uno diceva che la giornata era lunga,

e l'avrebbe respirata piano

sognando. Ora un saluto agli amici

assiepati attorno al fuoco del camino,

che bevono il vino caldo e mangiano

le castagnole, e chiedono perché non resti.

Da solo nella pioggia leggera

porto con me, una strada dopo l'altra,

quella cosa che non esiste.