Mara Venuto: tre poesie da "La lingua della città"

 





Sono nata e non ricordo,
il sangue le voci, non c'erano animali
o fuochi nella terra delle regioni,
solo una bocca incapace di amore.

A settembre la città odorava di polvere e acqua,
la strada era un nido di passi
gazzelle e grembiuli neri
a coprire la bellezza dallo sporco.


***


Sui ponti l'inizio ricorda la fine,
il verso comincia dove giunge,
nel mezzo la luce cade e
si rintana nel grembo della madre.
Non ha cresciuto figli,
li ha lasciati al buio della strada
alle fiamme del camino, il più feroce dei focolari.
Quegli orfani amano come Dio,
non ricordano, hanno pietà,
scrivono sulla polvere la lingua della città.


***


La schiena è una muraglia
dove tutto è invisibile agli occhi,
alle mani che vogliono e non possono
toccare un osso nascosto
una cima in mezzo al naufragio.

Amare l'estinguibile speranza
di saziare risposte, farle di qualche senso come dita,
svegliare chi dorme e non parlare.