Loretto Rafanelli: tre poesie da "A ogni stazione del viaggio"

 





Vita che giungi nel segreto dell'attimo,
che ordini le trame e i vasti lungomari,
che porti gli estremi sipari,
che attraversi i secondi nella fissità
del nominare, qui nello spazio di una stagione
che va dal senso del precipitare
al sorriso lieve come il gioco
di un bimbo, osserva le coordinate
del nostro viaggio, conta le pause delle notti,
guarda l'eccedenza e i grani
del raccolto, quell'atto dell'incontrare
o l'estrema solitaria
oscurità.


***


Non sappiamo se la foce o la fonte
sono occhi sospesi sul gorgo della frontiera
o frangenti minimi di vita, se le persone
si incrociano nelle piane lontane o si perdono
nella riva fredda di ogni giornata,
vediamo solo che l'itinerario
tra terra e terra è fissità sospesa,
o è il giro perpetuo della sezione del dubbio,
e si vede il punto più estremo del mondo,
e il punto dell'argine, e il respiro dei giorni,
e l'andare continua dei volti,
e l'amara assenza del ritornare,
e l'incontro con la sfinita visione del mare,
nel magma delle radici, nelle tante
patrie, nella mia patria.


***


Sul greto del paese, calato ora
in una larga assenza, ci sono
i giochi e le voci nella curva
breve, quando portavo pietre
che cumulavo nell'argine
del Reno per formare
una patria. E ritornano le grida
dei ragazzi del pallone e il fiato
fresco e giovane raggrumato nella valle
biancastra. Non posso ripercorrere
tutto il tempo del paese colmo di respiri,
ma solo tracciare la linea di una distanza,
e ora vorrei il il senso intatto della retta
dei sorrisi e tenere fissa la rivelazione
e l'alba di ogni fronda e il tramonto
che congiunge i passi di questo giorno.
E quando le persone che solcavano
la piazza scompaiono, mi accorgo
che il sole è divenuto una goccia
secca, arrugginita, come fosse
un ticchettio sconosciuto.