Corrado Benigni: Tre poesie da "Là fuori"





Non sappiamo più dove finiscono le città:
quartieri e cavalcavia, sensi unici e semafori,
rallentare e accelerare al ritmo del traffico;
dove finisce una città non è più un limite territoriale,
ma un cambiamento nei movimenti,
come le stagioni della vita
in attesa d'essere consegnati alle nostre destinazioni,
ai nostri destini.


***


Gli uccelli che scavano nell'aria la direzione giusta
e il movimento delle correnti nella profondità degli oceani.
Quest'appartenenza antropomorfa di tutte le cose,
dove ogni elemento è specchio di un altro.

Tutto è tempo che si scompone e scompare.
La mente nasconde a se stessa questa fuga,
ma nel rovescio dei passi è scritta
l'antica somiglianza tra attesa e cammino.


***


C'è uno sguardo delle cose
che fa del visibile una presenza,
questa luce abitata dal declino,
dalla lotta costante con la sparizione.
Fissa nella parola
non l'inerzia della superficie, ma il suo centro:
è nostro l'incerto e mutevole trascorrere
che definisce il paesaggio.
Nella trasparenza prende forma il tempo,
come in una fotografia, dove il silenzio si fa colore
mentre la pianura si dispiega
dialogando con il suo orizzonte.