Tre poesie di Evaristo Seghetta

Le mie parole

Sono fragili le mie parole,
muri precari che circondano
campi assolati, erbe secche
bruciate dal sonno del sole.

Parole facili al canto delle cicale:
mutano il tono, si sgretolano
nella calura, al graffio
indelebile dei raggi.

E il profumo di luglio
affonda l'artiglio.

***

Dal treno

Emergono gli occhi
dal rosso dei riccioli,
finché le stelle svelano
le pupille, nel turbine
di polvere e vento...

E gocciola lento,
poi sempre più fitto,
come pianto disperso nel buio
dal treno che fischia,
che piega i canneti.

***

Postulato

Ammesso che da te ci sia la pineta,
finirò lì, allora, dietro la periferia
di casa tua, oltre i canneti, macchia
che soffia e russa, quando sale
il vento settembrino.

Vagherò così,
tra resina e aghi di pino:
uno finirà
per bucarmi il cuore.

***

Poesie tratte da Paradigma di esse (Passigli), di Evaristo Seghetta Andreoli.