Giuseppe Conte: tre poesie da "Non finirò di scrivere sul mare"

 





(...)
Da ragazzo volevo imparare a camminare
su di te, leggero come un ramo,
rispondendo a non so quale richiamo
di profezia, di eresia.
Lo voglio ancora, ne voglio ancora,
di mare, di poesia.
Per tutte le infelicità, le umiliazioni
per tutto quello che di male
mi fa la terraferma, tu sei medicina,
mare, spettacolo che appare
sempre crudo e dolcissimo ai miei occhi
come questo della tortora maschio
che sulla riva con assurdi tocchi
d'ala, planate, rincorsi, svoli
insegue senza mai riuscire a prenderla
la tortora femmina.
Un coito impossibile, come il tuo
con la terra, come il mio con la vita.
Eppure sono qui, non è finita
ancora. E scriverò di te,
sempre di te, delle tue amare
verità di sale
della gioia che dai alle vele,
di te che sei ciurma e solitudine
di te che sei infinito e finitudine
padre o madre o fratello primogenito
spalancato come un abisso,
segreto come una conchiglia
sempre al di là di quello che possiamo conoscere
- e se ti contraddici è perché sei libero
- e per i liberi -, non finirò di scrivere
su di te mare, il sempre mare,
non finirò di cantare
di te.


***


(...)
Chi ama il fiume, ha certezze.
Sa dov'è la foce, dov'è la sorgente.
Sa le sponde tra muraglioni o canneti
e lo scorrere lungo i greti
dell'acqua dolce che disseta.
Sa il percorso dei salmoni-anime
a ritroso verso le altezze.
Ma chi ama te, mare, non ha niente
soltanto movimento e orizzonte
non ha più punti di riferimento
soltanto costellazioni e infinito
e vortici di schiume e di salino.
Non sa più cosa è lontano e cosa è vicino
visto da questo confine che è la riva
non sa più cosa parte e cosa arriva
chi è l'altro, e chi è se stesso.
Sono qui che scrivo, e scrivere di te adesso
mi sembra ancora perdizione e salvezza.
Come te, mare. Dammi la tua mano.
Come te, che sei uragano
e carezza.


***


QUANDO NUOTAVI DA
UN MOLO ALL'ALTRO MOLO


U l'è ma' vive, u l'è ma' esse nasciüi,
lo dici spesso, mamma, io ti ho sentita
tu pensi che la vita ti abbia tradita
e sembra a volte che tutto per te
sia rimpianto, malcontento, dolore,
male senza riscatto, terra senza un fiore.
Ma dimmi, che cosa volevi davvero
da noi suoi figli, da tuo marito?
Ho fatto ingrandire e ti ho regalato
la foto di lui in divisa, giovane ufficiale
con l'immancabile sigaretta in mano
e quel raro sorriso altero, lontano
e di te che ridi come una bambina
ridi abbandonandoti, come di fronte
au ma'
quando nuota vi da un molo all'altro molo
del porto, ti ricordi? alla Marina.
Ricordati di quello, di quella gioia
e non dire più, ti prego,
"vostro padre non mi ha reso felice
e voi non siete come io vorrei"
è per lui e per te che siamo qui,
ci vedi, mio fratello e io, uniti,
in questa casa dove ritorniamo
da te come per il richiamo
di un'alta marea infinita
a dire grazie, ma', grazie vita.